Novi Velia, riapre il Sacro Monte: una devozione antichissima avvolge la “Madonna bruna”
L’ultima domenica di maggio, con un rito suggestivo, l’immagine della Madonna di Novi Velia è “svelata” e restituita alla devozione popolare. Il 26 maggio 2024, dunque, per tanti fedeli è una data molto attesa.
Il Santuario di Novi Velia
Il santuario più importante del Cilento è posto sulla sommità del “Monte Gelbison” così chiamato dai Saraceni con il significato di “Monte dell’Idolo” e proprio questa denominazione ci lascia intuire che il posto è stato sede di un luogo di culto fin dai tempi più antichi. È accettabile l’ipotesi che, già prima della fondazione di un tempio cristiano, su questa montagna esistesse un punto di riferimento pagano, forse voluto dagli Enotri. Non è però possibile stabilire a quale divinità fosse consacrato. Ad ogni modo sarebbe comunque importante tracciare una linea di confine temporale tra la realtà pagana e la successiva conversione del luogo a santuario cristiano per meglio comprendere la lunga storia che avvolge questo sito tanto caro ai cilentani. Una datazione plausibile sarebbe quella del X secolo quando diversi gruppi di monaci basiliani trovarono un rifugio sicuro proprio tra le amene realtà dell’antica Lucania.
Una storia antichissima
Tuttavia risulta quasi impossibile stabilire una certa continuità, o meglio, è difficile fissare una datazione che possa farci capire quando la vetta del Monte Sacro sia stata adibita al culto cristiano. Più veritiera sarebbe l’accettazione di una lenta evoluzione dettata dall’adattamento dei monaci italo-greci. Vale a dire: è del tutto ammissibile che, inizialmente, i monaci si stabilirono fra le cavità disseminate sui pendii della montagna e solo successivamente, in epoche più tranquille, lontane da pericoli di ripercussioni, fondarono un più ampio complesso proprio su questa vetta. Parliamo adesso di un contesto già del tutto cristiano ovviamente, ma sicuramente ancora lontano dal significato più stretto di santuario. In origine, infatti, qui sarebbe stata edificata solamente una piccola chiesa, forse ricavata tra le rocce. Soltanto secoli dopo si amplia il complesso e nasce quella struttura che ora intendiamo come ‘santuario’ per l’appunto. Le ultime fasi storiche, invece, restituiscono un quadro più chiaro.
Il santuario dal XII secolo a oggi
Ora dovremmo essere intorno al XII secolo; e conferma ne sarebbe nel fatto che, proprio al 1131, risale il primo documento che ne attesti l’esistenza poiché si parla di una rupis Sanctae Maria appartenente al feudo di Rofrano. Questa tesi è anche supportata dal fatto che vi si venera una Madonna lignea che rispecchia in tutto le classiche fattezze dell’iconografia bizantina. Tra gli elementi più evidenti il colorito bruno che caratterizza la Vergine, dato questo che, tra l’altro, andrà ad alimentare le lunghe pagine che da tempi remoti ci raccontano di storie e leggende. Vi sono poi altri caratteri che meriterebbero un’attenta analisi a livello iconografico: spunto di indagine potrebbe essere lo sguardo, il naso e anche la posizione stessa della Madonna. La Vergine Maria, infatti, è rappresentata seduta con il Bambino sorretto dal braccio sinistro; l’altro braccio, invero, è poggiato e protratto in avanti: sembra quasi voglia infondere sicurezza.
Il complesso mariano
Oggi il santuario si presenta come un complesso ben definito. Certamente, nel corso del tempo, si sono avuti notevoli ampliamenti e rifacimenti. L’elemento principale rimane la chiesa che custodisce la preziosa immagine della Madonna. In tutta la sua imponenza l’interno della chiesa si presenta suddiviso in tre navate. Quella centrale è collegata a quelle laterali tramite due file di possenti colonne in pietra. La volta, poi, si distingue per le decorazioni ad affresco. La nicchia in cui è posta la Vergine, si raggiunge tramite una gradinata collocata dietro all’Altare. La chiesa si affaccia sul piazzale su cui si trova pure la cappella di San Bartolomeo. Dietro ad essa, invece, percorrendo a ritroso la via di accesso al santuario, si trovano il convento e la foresteria che nei secoli, soprattutto nel corso del XIX e del XX, sono state realizzate per gestire al meglio questo importantissimo luogo di culto.
Novi Velia, un’antica leggende…
Prima di dar voce alla devozione diamo spazio alle leggende. Una dice che la nascita del santuario sarebbe opera di alcuni pastori. Essi guidati da un agnello giunsero nei pressi di una grotta in cui rinvennero l’immagine della Vergine. Più caratteristica e densa di significato, invece, la leggenda dei due cavalieri. Si racconta che durante una cavalcata giunsero sulla vetta della montagna. L’uno, cristiano, entrò in chiesa per rendere omaggio alla Madonna, mentre l’altro rimase all’esterno deridendo il compagno per questa sua debolezza. All’improvviso il suo cavallo s’imbizzarrì intraprendendo una folle corsa verso il precipizio. Temendo la sua fine invocò l’aiuto della Madonna e l’equino con un salto balzò su una roccia salvando la vita al cavaliere. Il grande masso che nella forma ricorda proprio la ‘‘ciampa’’ di un cavallo è ancora così chiamato. La tradizione vuole che centrandolo con una monetina porti fortuna.
La devozione
Oltre la leggenda, poi, rimane l’immensa devozione. Per antica tradizione l’ultima domenica di maggio la Madonna di Novi Velia con un rito solenne è svelata e restituita alla fede popolare. Fino alla seconda domenica di ottobre accoglierà i tanti pellegrini che di anno in anno raggiungono questo luogo sacro per venerare quella Madonna tanto cara ai cilentani ed ai lucani. Prima di lasciare il santuario uno sguardo dallo spiazzo antistante, nelle giornate limpide, raggiunge il blu del mare, fino alle coste più lontane.
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