Cilento, le Congree del Monte Stella: espressività religiosa e pietà popolare
L’apice della cultura socio-religiosa del Cilento si raggiunge il Venerdì Santo con le caratteristiche congree o congreghe che, probabilmente, nascono come associazioni laiche con il fine di offrire assistenza e sostegno ai più bisognosi. È su queste basi che si fonda una delle tradizioni più intense presenti nel territorio: le confraternite, infatti, esternano la loro ritualità nei piccoli paesi che fanno da corona al Monte della Stella, cuore antico del Cilento storico.
La congree del Cilento
Le congree, dunque, rappresentano l’anima culturale del Cilento e appartengono a quel folklore che va assolutamente tutelato e preservato. Inoltre, non è da escludere che queste aggregazioni siano qui a testimoniare più arcaici significati che sfuggono a una visione più consona alla nostra realtà. Un tempo il capo degli associati era coperto dal cappuccio e le lunghe tuniche bianche nascondevano i confrati celando nel mistero la loro figura. L’unico segno distintivo era la “mozzetta”, una corta mantellina a tinta unica, che permetteva l’identificazione della congrea. Questo abbigliamento è l’uniforme dei ‘vattienti’ altro nome dato ai confratelli che scaturisce dall’usanza di auto-infliggersi piccoli colpi sulla schiena durante il rituale con l’ausilio di strumenti che emettono rumori stridenti i quali ricordano il calvario subito da Gesù. Nell’insieme il tutto conferisce autorevolezza e al contempo quell’area luttuosa che caratterizza il Venerdì Santo.
Congree: le titolazioni
Fino a pochi lustri fa se ne contava una in ogni casale, anche nei più piccoli. Ne è conferma nel fatto che ancora oggi i territori di alcune municipalità ne censiscono addirittura cinque; per esempio Montecorice, oltre al capoluogo, presenta quelle di Agnone, Cosentini, Fornelli e Ortodonico, oppure Pollica insieme ad Acciaroli, Cannicchio, Celso e un tempo Galdo. Gran parte sono nate sotto il titolo della Vergine del “Santissimo Rosario”; esse costituiscono ancora la branca più numerosa (tra cui Omignano, Perdifumo, Pollica e Serramezzana). Vi sono poi casi più sporadici che includono la Madonna sotto le vesti ‘dell’Immacolata Concezione’ (Fornelli di Montecorice) o di ‘Maria Santissima del Carmine’ (Agnone) e casi unici come la confraternita del Purgatorio (Laureana Cilento). Evocativa è la titolazione che mantengono alcune unità conservando il nome di ‘Pio Monte dei Morti’ (San Giovanni di Stella e Valle Cilento).
I riti: rituali e lamenti
Per tutta la giornata del Venerdì Santo le congree compiono il loro pellegrinaggio visitando i Sepolcri allestiti nelle parrocchie dei centri vicini. Analizzando e confrontando i percorsi compiuti dalla prima metà del XX secolo fino agli inizi del nuovo millennio, sembra emergere una sorta di circolarità; la stessa lascia intuire in un passato non troppo lontano “viaggi” ben delimitati che certamente hanno avuto un loro significato. Ad ogni modo, i riti delle confraternite affondano le radici in tempi sicuramente antichi seppur nel corso dei secoli siano rinate più volte adattandosi a scenari modernizzati. Si pongono sulla scena con la loro teatralità sia attraverso la gestualità che attraverso il ‘canto’. Quest’ultimo, in realtà, è un ‘lamento’ dal quale trapela in tutta la sua interezza l’essenza più profonda della religiosità popolare. Trasuda nelle strofe colte l’originalità e la sapienza che tramite motivi polifonici coinvolge emotivamente i devoti.