Cilento, il 17 gennaio: significati ancestrali fra ‘chiacchiere’ e ‘cavatielli’
Il 17 gennaio è una data cardine nel calendario popolare del Cilento. Può considerarsi un punto di riferimento per la quotidianità scandita da vecchie usanze che talvolta assumono una valenza decisamente significativa. La festività di Sant’Antonio Abate, infatti, popolarmente indica l’inizio del carnevale. È così che che una lunga tradizione abbatte il confine immaginario fra due realtà opposte, almeno in apparenze, restituendo uno scenario straordinario, non solo da un punto di vista sociale e religioso, ma anche storico e culturale.
Tra chiacchiere e cavatielli ha inizio il carnevale
Convenzionalmente, dunque, il 17 gennaio coincide con il primo giorno di carnevale. La festività di Sant’Antonio Abate, così contestualizzata, diventa un momento importante tra gli appuntamenti scanditi dal tempo. Ed ecco che, come si conviene nella più classica delle consuetudini cilentane, si consuma il pranzo della festa. Una volta si preparavano i cavatielli e in realtà – per fortuna – è un’usanza che sopravvive ancora oggi. Conditi rigorosamente con il ragù di maiale indicavano l’inizio del periodo carnevalesco per l’appunto. Adattandosi poi alla modernità il menù ha aggiunto anche un altro piatto tipico del carnevale: le chiacchiere. In quest’ultimo caso però si tratta in parte di una forzatura non essendo propriamente una preparazione esclusiva del territorio. Resta invariato il denso significato che assume questa giornata che, oltre a delineare un importante momento cristiano con la ricorrenza di Sant’Antonio Abate, introduce il periodo considerato per eccellenza ‘dell’abbondanza in tavola’ per certi versi.
Proverbi: Sant’Antuono cu la barba janga si nu chiove la neve nu manga
I più celebri detti popolari hanno fatto la loro fortuna grazie ai riferimenti cristiani. La proverbialità che ruota intorno alla figura di Sant’Antonio Abate è oggi poco diffusa, ma conserva un grande fascino e rispecchia i canoni di una ritualità contadina ancora viva e rappresentativa. Un noto proverbio recita Sant’Antuono cu la barba jamga, si nu chiove la neve nu manca. Si esprime nella convinzione che qualora il tempo sia clemente in questi giorni allora nei seguenti saranno possibili abbondanti nevicate. Una proverbialità legata alle condizioni climatiche come accade per Santa Caterina e la Candelora. Vi è poi la presenza di un elemento dominante soprattutto per le pratiche agricole e in particolare per le colture come quella del grano. Infatti un altro celebre proverbio dice sotto la neve pane, sotto l’acqua fame.
Cilento, il carnevale tra sacro e profano
Il connubio tra il carnevale e la sfera cristiana è molto più stretto di quanto si possa pensare. Tuttavia sarebbe difficile coglierne l’essenza in poche righe. Va però ricordato che fin dal suo esordio si è inteso proprio evidenziare questo rapporto. Riassumendo basti ricordare che che il nome deriva dalla locuzione latina ‘carnem levare’ che letteralmente vuol dire ‘privarsi della carne’ che si riferiva all’ultimo banchetto che tradizionalmente si teneva l’ultimo giorno prima di entrare nel periodo di Quaresima e quindi nel ‘martedì grasso’ che, a sua volta, precedeva il ‘mercoledì delle ceneri’. Di questo però parleremo in modo approfondito in occasione del carnevale stesso. Concludiamo ancora una volta ricordando la figura di Sant’Antonio Abate che nell’immaginario collettivo diventa spesso ‘Sant’Antonio masckare e suoni’ proprio riproponendo l’antico accostamento.