Cicciata di Ognissanti, in Cilento egemonia culinaria a novembre
La cicciata del Cilento si prepara in occasione della ricorrenza di ‘Tutti i Santi’, ma anche il Primo Maggio, festività di ‘San Giuseppe Lavoratore’. Si tratta di due occasioni apparentemente distanti tra loro, ma che in realtà celano in entrambi i casi profondi significati dati pure dalla simmetria temporale in cui sono collocati.
La cicciata del Cilento, l’etimo e la storia
Il nome di ‘cicciata’ lascia agevolmente intuire la presenza di legumi e in particolare i ceci, uno degli ingredienti principali. Muovendosi tra i piccoli paesi del Cilento però il nome muta rapidamente e localmente assume sfumature diverse, tutte orientate verso un contesto agro-pastorale. Nell’etimo, poi, per certi versi, si intuisce una componente di ‘essenzialità’ tipica dei piatti poveri. A Stio troviamo i ciccimmaritati che, come altrove, si preparavano il primo maggio, compiendo un gesto benaugurale; era, infatti, un rito voluto nella speranza che il raccolto estivo risultasse abbondante. Tuttavia, in questo caso, non abbiamo un legame con la festività di Ognissanti, cosa, invece, che si riscontra nei ‘ciccimmescka’. Si tratta sostanzialmente della stessa preparazione: veniva portata in tavola in altri paesi cilentani come, ad esempio, Ostigliano. Un tempo, probabilmente, erano preparati alla vigilia della commemorazione dei defunti, in segno di devozione per i Santi e nel ricordo dei propri cari.
La preparazione nella tradizione culinaria del Cilento
I piatti antichi del Cilento sono spesso realizzati seguendo linee essenziali. A dire il vero restituiscono una straordinaria preparazione, sia in termini di sostanza, sia in termini di abbondanza, tanto da apparire tutt’altro che poveri agli occhi del commensale moderno. Uno dei casi più emblematici è forse proprio la cicciata. In tal senso può considerarsi un piatto ‘ricco’ da un punto di vista gastronomico oltre che culturale. Il tutto è determinato dall’unione delle poche granaglie rimaste in dispensa, insieme alle sementi non utilizzate. In pentola potevano finire, dunque, anche i legumi più straordinari e tipici del territorio. Ricordiamo i ceci di Cicerale, i fagioli della Regina di Gorga, i fagioli ‘tabaccuogni’ di Mandia e diverse altre varietà che ora sono meno presenti; tra loro le cicerchie un tempo molto diffuse nell’area lucana di cui il Cilento è stato parte e per ragioni storiche lo è ancora oggi.
La cicciata, un piatto propiziatorio tra passato e presente
Sappiamo che le tradizioni del Cilento sono differenti rispetto a altre aree del Meridione d’Italia e spesso si discostano notevolmente anche dalla Lucania, antica regione di cui ha fatto parte e con cui si lega ancora oggi per ragioni storiche. Una serie di dissomiglianze inducono a catalogare alcune usanza cilentante come eventi singoli: un esempio potrebbe essere proprio la cicciata. Sappiamo che nei diversi paesi, nonostante possa mutare nel nome, rimane una consuetudine legata ai mesi di maggio e novembre. Tuttavia non si può escludere un significato che valichi la credenza popolare. Infatti, mentre in Italia vi sono numerose preparazioni che si realizzano in occasione della commemorazione dei defunti, nel Cilento questo particolare momento rimane completamente vuoto nella gastronomia. E forse la cicciata potrebbe essere quella chiave di lettura con cui interpretare le volontà antiche dei nostri avi, con l’intento di mantenere un legame invisibile tra le generazioni.