Carnevale nel Cilento: i personaggi nella stratificazione socio-culturale
Il Carnevale è una consuetudine antichissima se si legge in un’ottica ben più ampia rispetto alla visione odierna ed è una festa profondamente ancorata alla sfera cristiana e ciò è particolarmente percettibile nel Cilento. Si tratta di una ricorrenza mobile poiché è dettata dalla cadenza della Pasqua. L’ultimo giorno è il ‘martedì grasso’ data che precede il ‘mercoledì delle Ceneri’. L’inizio, invece, è ancorato alla tradizione locale. Generalmente, infatti, nell’area dell’Italia Meridionale, il primo giorno coincide con il 17 gennaio, momento in cui la Chiesa celebra Sant’Antonio Abate e per meglio coglierne i significati è d’obbligo partire dall’etimologia.
Carnem levare
Secondo l’ipotesi più diffusa trae origine dal latino carnem levare con il significato di ‘togliere la carne’ mentre una corrente diversa opta per l’unione dei termini carnem e vale che indicherebbe il saluto romano con il quale ci si congedava. Ad ogni modo è evidente una profonda radicazione nella cultura contadina del posto. Lo si più agevolmente intuire da alcuni aspetti fondamentali che ne richiamano l’essenza. Basti pensare che un elemento di spicco nella tradizione carnevalesca del Cilento è senza dubbio la ‘personificazione’.
Carnuluvaro e Quarajesima
La figura di Carnevale, nella popolarità di questo territorio, diventa Carnuluvaro almeno in tempi relativamente recenti, mentre in epoche più arcaiche si è parlato di Vavo, un’identificazione, quest’ultima, ancora viva nell’oralità. Il personaggio principale, Carnuluvaro per l’appunto, nell’immaginario collettivo si presenta goffo d’aspetto e burlesco d’animo e fra le dita quasi sempre stringe un bicchiere colmo di vino simboleggiando l’abbondanza e la spensieratezza. È l’esatto opposto della consorte che la tradizione chiama Quarajesima. Cupa e tenebrosa, al contrario del beffardo Carnuluvaro, è d’animo luttuosa. Tra le mani reca i tipici strumenti per filare: il ‘fuso’ e la ‘conocchia’ che rappresentano la laboriosità e allo stesso momento lo scorrere del tempo.
La contrapposizione fra inverno e primavera
Analizzando a fondo la scena, si evince con chiarezza la volontà di porre agli antipodi ogni aspetto che caratterizza la quotidianità di un Cilento forse non molto lontano, ma in parte ormai perduto. Si intuisce la contrapposizione tra l’inverno e la primavera e tra il bene e il male. Al centro, poi, il tema del ‘vecchio’ e del ‘nuovo’ e ovviamente il contrasto fra il ‘periodo grasso’ e il ‘periodo della magra’, ponendo in essere uno scambio che ha come obiettivo il rinnovamento.