San Biagio nel Cilento: propiziatore e taumaturgo
La festività di San Biagio, che si celebra il 3 febbraio, si colloca tra gli appuntamenti maggiormente sentiti e partecipati in Cilento. Si pone al centro di una lunga consuetudine non solo religiosa, ma anche storica e sociale. Un tempo sulle tavole non potevano mancare le caratteristiche polpette preparate con patate, uova, formaggio e salsiccia che, generalmente, considerato il periodo, venivano anche chiamate “polpette di carnevale”.
San Biagio: i rituali e la leggenda
La ricorrenza cade nel giorno che segue la Candelora e, con quest’ultima, si intreccia nella ritualità. L’accostamento si innesca attraverso la leggenda che vuole il Santo come “salvatore” di un fanciullo. Secondo la tradizione, infatti, il Vescovo di Sebaste, sua città natale, con l’imposizione delle sole mani strappò alla morte un bambino. Il malcapitato aveva ingerito una lisca che gli si era conficcata in gola. Per questo motivo, durante la celebrazione, il sacerdote, simbolicamente, incrocia sulla gola dei fedeli due candele, ponendo i devoti sotto la protezione di San Biagio. I ceri utilizzati sono quelli benedetti nel giorno precedente durante la Candelora. Più arcaica, invece, è l’unzione tramite l’olio. Si tratta di un rituale che, in parte, rimane ancora vivo soprattutto nel Cilento, dove le comunità che si affidano a San Biagio sono numerose.
Propiziatore del raccolto
L’olio è da sempre fonte di sostentamento per il Cilento. Un bene prezioso che necessita della “benevolenza divina”. E’ così che assume un valore rappresentativo evocato dal racconto della tradizione. Nei giorni che precedono la festa, infatti, da Casal Velino è consuetudine spostarsi nei paesi vicini accompagnati dal suono della zampogna. In passato, soprattutto i contadini offrivano l’olio per le celebrazioni. Di conseguenza, al “patrono della gola”, si lega la stessa “terra” e San Biagio è posto a protezione dei campi diventando “propiziatore del raccolto”. Inoltre, fino al secolo scorso, era d’uso benedire le sementi: in parte utilizzate per le colture e in parte come foraggio. In tal modo si affidava a San Biagio non solo il raccolto, ma anche la protezione degli animali. Per questi aspetti richiama, in parallelo, la figura di Sant’Antonio Abate. Tuttavia, le due ricorrenze, traggono origine da significati diversi, seppur convergono su un’unica matrice devozionale.
Santo Jasi nel linguaggio popolare
L’oralità ci restituisce Santo Jasi poi ‘italianizzato’ in San Biase, una forma onomastica fortemente ancorata alle radici del dialetto cilentano. Si tratta di una variante linguistica che risente di influssi popolari dettati da ragioni sociali e culturali. Alcune località ne conservano una testimonianza tangibile proprio nel toponimo. È il caso di San Biase, piccola e antica frazione di Ceraso che, tra l’altro, riflette il culto di San Biagio in maniera piuttosto marcata. Lo stesso si verifica a poca distanza. Alle porte di Eremiti di Futani, un’altra località è popolarmente conosciuta come San Biase: mutua il nome da una chiesetta presente nella contrada. Memorie e devozione si conservano pure a Omignano.
San Biagio: i luoghi del Cilento
Alle pendici del Monte Stella insistono tre località che affidano la loro protezione a San Biagio: Casal Velino, Montecorice e Matonti. La chiesa di Matonti assolve alla funzione di parrocchia per i quattro storici rioni che compongono l’abitato: Matonti, Matontiello, li Spinelli e li Vetrali. A li Vetrali, tra l’altro, quasi certamente sorgeva il monastero e la chiesa di S. Biase di Butrano esistente già nel XII secolo. In seguito alla sua decadenza sarebbe stata edificata l’attuale parrocchia. Montecorice invece si raccoglie proprio intorno alla sua parrocchia come pure Casal Velino. Lungo la valle del Calore, poi, tappa fondamentale è Laurino dove una delle sei storiche parrocchie è dedicata a San Biagio. Ne rimane ancora il titolo unitamente a Santa Maria Maggiore e Ognissanti. Intensa è la devozione a San Biase di Ceraso e, all’estremità della provincia, alle spalle del Golfo di Policastro, aria di festa si respira a Sicilì.