Moio della Civitella, un rito millenario: “la benedizione delle croci”
Ci rimanda a riti ancestrali legati “al passaggio” dall’inverno alla primavera la “benedizione delle Croci”. Ha inizio l’anno agrario in una concezione temporale forse ormai lontana ma viva e e ben radicata nella popolarità da tempi remoti. Ogni 25 marzo, nel giorno dell’Annunciazione piccole croci di legno, ottenute combinando due rametti di castagno, vengono benedette sulla Civitella.
Il contesto storico e paesaggistico
Siamo a Moio della Civitella, un piccolo paese situato su una propaggine del versante nordoccidentale del Monte Gelbison. Non molto distante dall’abitato si trova il modesto pianoro su cui fu edificata una chiesetta. Da questo terrazzo naturale lo sguardo può spaziare cambiando rapidamente orizzonte. Puntando verso l’alto si ammira la maestosità del ‘Sacro Monte’; discendendo verso valle, invece, gli occhi seguendo prima l’andamento del torrente Badolato e poi scavalcando le colline, catturano agilmente le acque veline ove sorse l’antica Elea. E fu proprio fra le pertinenze di questa celebre colonia greca che rientrava la cittadella fortificata voluta sulla collina della Civitella. E si può dire che lo scopo difensivo di questa nuova realtà ne decretasse anche la sua importanza. Ciò fu dovuto sostanzialmente alla felice collocazione della fortezza che permetteva un serrato controllo su una vasta area posta alle spalle dell’antica Elea (poi Velia).
Da avamposto militare a riferimento cristiano
Dei suoi antichi splendori vi è oggi testimonianza nei resti delle mura perimetrali e la grandezza della colonia si evince dai grossi blocchi che, probabilmente, rappresentano ciò che sopravvive della ‘rocca’. Vi è poi il basamento di un’antichissima porta che lascia intuire, ancora una volta, la maestosità e l’imponenza di questo luogo. Il complesso è ora inglobato all’interno di un contesto paesaggistico che conferisce ulteriore fascino sia di carattere storico proprio per la presenza dei resti archeologici che culturale e religioso data la sopravvivenza del rito della ‘benedizione delle croci’ nel giorno dell’Annunciazione del Signore. In tempi decisamente più recenti, invece, fu edificata una cappella che potrebbe avere origini quattrocentesche, ma oggi si presenta con i rifacimenti del XIX secolo.
Il rito delle Croci
È questo il punto nevralgico da cui necessariamente deve partire il racconto ‘delle croci’. La radura prospiciente l’edificio sacro, infatti, si anima il 25 marzo con l’affascinante ‘rito delle croci’ che, almeno in apparenza, potrebbe richiamare le vecchie rogazioni. I riti di primavera, dunque, nel corso dei secoli, sono diventati momenti collettivi, sociali ed ecclesiali, occasioni consolidate anche in questo lembo di ‘Antica Lucania’. Momento cardine della celebrazione, dunque, è per l’appunto la benedizione. Le pratiche illustrate da un punto di vista delle manifestazioni esteriori sono sicuramente pagane, ma da un punto di vista dei significati profondi derivano da dinamiche legate all’abitato almeno facendo riferimento al termine latino pagus che individua unvillaggio giacché nel lessico amministrativo romano stava ad indicare una circoscrizione territoriale rurale e cioè posta al di fuori dei confini della città principale, in questo caso Elea rispetto alla Civitella.
La “benedizione delle Croci”
Al contempo è da sottolineare che la ‘benedizione’ non può essere accostata in modo incondizionato al paganesimo, ma va necessariamente ricondotta ad un contesto cattolico. La genesi non cristiana, dunque, è evidente ma chi prende parte a queste tradizioni certamente si sente fortemente ancorato alla fede cristiana. Non va dimenticato che ci troviamo nelle vicinanze di un ben noto riferimento mariano del Cilento: il Santuario di Novi Velia che la leggenda delle ‘Sette Sorelle’ o delle ‘Sette Madonne’ accomuna proprio all’Annunziata sulla Civitella. Ad ogni modo, fra le gestualità dell’antico rituale, rivestito di una magia popolare, ci si lascia l’inverno alle spalle.