Novi Velia, riapre il ‘Sacro Monte’: la Madonna riabbraccia ‘i suoi figli’
Come da tradizione, l’ultima domenica di maggio, l’immagine della Madonna del Sacro Monte di Novi Velia è ‘svelata’ e restituita alla devozione popolare. Si apre così la lunga stagione dei pellegrinaggi che, nei secoli, ha ininterrottamente portato sulla montagna i fedeli che, con estrema devozione, affrontano la scalata per incrociare quello sguardo denso di amore e serenità racchiuso negli occhi della madre Celeste. L’appuntamento è per il 30 maggio 2021.
Novi Velia, la storia del Santuario
Il complesso mariano situato sul Monte Gelbison o, più popolarmente, sul Monte Sacro, ha una genesi antichissima, anticipata in realtà, da altrettanti secoli di storia che, sulla cima della montagna, probabilmente in origine hanno visto la presenza di un luogo di culto pagano. Potrebbero essere stati gli Enotri a realizzare qui un tempio. La teoria appare rafforzata dal fatto che il nome Gelbison deriverebbe dall’arabo con il significato di ‘Monte dell’Idolo’ e, dunque, noto anche ai Saraceni. I monaci basiliani, invece, avrebbero adattato al culto cristiano il sito. Si potrebbe ipotizzare che il nuovo assetto religioso prese forma tra il X e l’XI secolo. Il complesso, oggi, è strutturato intorno alla chiesa nella quale si custodisce la preziosa immagine della Madonna che, nelle fattezze, ricorda l’iconografia bizantina. Il colorito scuro le ha conferito l’appellativo di ‘bruna’ e l’ha resa la ‘Madre’ assoluta di questa vasta terra un tempo ‘Lucania’.
Angeli e Cavalieri: ‘le ali’ della leggenda
Secondo la tradizione il Santuario fu eretto per volere divino. Si racconta che i fondatori furono dei pastori di Novi Velia, i quali, inseguendo un agnello, giunsero alle porte di una grotta dove scorsero l’immagine della Vergine. Informando le autorità religiose del rinvenimento, il Vescovo stesso volle raggiungere quel luogo e, all’arrivo, si udì una voce che disse Questo luogo è santo ed è stato consacrato dagli Angeli. Tra le numerose leggende che avvolgono la montagna, poi, vi è l’avventura di due cavalieri che durante una galoppata giunsero dinanzi alla chiesa. Uno dei fantini entrò nel tempio per omaggiare la Madonna, mentre l’altro rimase all’esterno inferendo contro il compagno che aveva compiuto tale scelta. All’improvviso il suo cavallo intraprese una folle corsa verso il precipizio e per scampare alla morte il cavaliere chiese aiuto alla Vergine. L’equino si arrestò su una roccia che ancora oggi è detta ‘ciampa di cavallo’.
La via dei pellegrini e i passi della devozione
Ancora ora c’è chi raggiunge il Santuario seguendo quello che rimane del vecchio sentiero gradinato, ma in passato il pellegrinaggio assumeva un grande valore spirituale proprio in questa fase dell’ascesa. Lasciato l’abitato di Novi Velia, infatti, iniziava l’antico tracciato che, gradualmente, s’inerpica per la montagna. Tuttora, arrivati sul ponte del fiume Torna, riecheggiano le parole del proverbio: arrivati a lu ponte re la Torna, chi nun se fira se torna, proprio evidenziando le difficoltà del cammino. Le compagnie, capeggiate dalla ‘centa’, animavano la traversata con i canti tradizionali, spesso accompagnati da rudimentali strumenti musicali; le soste durante il percorso, in tal modo, diventavano momenti conviviali. Un grande cumulo di pietre sormontato da una croce è il segno penitenziale dove i pellegrini metaforicamente lasciano le loro colpe, ma è anche il punto dove convergono le due storiche direttrici viarie che portano al Santuario: una proveniente da Novi e l’altra da Rofrano.