Cilento, il paesaggio sonoro del Venerdì Santo: le campane legate e lo stridio della troccana
Il Venerdì Santo nel Cilento racchiude la quotidianità di un tempo passato che ancora oggi si esprime secondo canoni ancestrali. Dai ‘canti’ delle congree ai ‘suoni velati’ delle campane e poi nella gastronomia: in questo giorno non si consumano le carni, ma le caratteristiche ‘pizze cu l’erva’. In questo articolo si rievocano i tempi in cui tutti i troccanisti concorrevano assordanti al frastuono del Venerdì Santo…
Le campane legate e la troccana
La celebrazione del Giovedì Santo introduce alla Passione di Cristo. Per antica tradizione è l’ultimo momento in cui è concesso il suono delle campane. Metaforicamente verranno poi legate e sciolte con il canto del Gloria durante la Veglia Pasquale. È il segno di un profondo rispetto che matura nella consapevolezza dei canoni cristiani e rappresenta una consuetudine ancora viva e piuttosto diffusa in tutto il Cilento. Per ovviare, durante i giorni del Triduo pasquale, anticamente si faceva ricorso alla troccana. La troccana (o anche taroccola), dunque, può considerarsi uno strumento di richiamo sonoro che veniva utilizzato fra il giovedì e il sabato della Settimana Santa. Più che un suono la rotazione della maniglia della troccana innesca un meccanismo che emette un rumore assordante. Il nome trae origine proprio da questa peculiarità giacché rilascia delle vibrazioni che emettono una sorta di ‘troc, troc’ che si ripete a catena sempre più velocemente.
I ‘suoni’ e i ‘canti’ del Venerdì Santo nel Cilento
Si racconta – e vi è memoria ancora – di quando gruppi di ragazzini talvolta accompagnati dai sacrestani raggiungevano i diversi rioni del paese per diffondere nell’aria il suono della troccana. In tal modo s’invitava il popolo a prendere parte alle celebrazioni. Si registrano casi in cui ‘i suonatori della troccana’ accompagnavano anche la processione penitenziale del Venerdì, facendo emergere una forte ritualità che, ad ogni modo, non chiarisce la presenza nel corteo di questi strumentisti. È probabile che avessero lo scopo di ricordare quel giorno luttuoso, ma di questo non è possibile argomentare analizzando solamente la componente religiosa. Bisognerebbe contestualizzare in una visione più ampia per coglierne l’essenza, motivo per cui preferisco non addentrarmi nella questione e continuare sull’importanza di questo strumento nel panorama cristiano del Cilento. Nella stessa direzione si pongono i canti dei confratelli: lamenti che, parimenti al rumore emesso dalla troccana, emulano un’aria luttuosa.
Il Venerdì Santo: un suggestivo rituale ‘in versi’
Di seguito una poesia che ripercorre le tappe suggestive del Venerdì Santo nelle chiese del Cilento.
I bronzi legati
È Venerdì Santo.
Penombra nel cielo coperto da un velo
soave silenzio
non s’ode campana suonare.
Si raduna la folla, l’estasi crolla
la chiesa è gremita, la Madonna impietrita.
L’odore di cera invade alla sera
s’addensa nell’aria un pianto sulla via.
Un coro straziante sconvolge la gente:
è giorno pietoso, spiazza il riposo.
Il lamento ha inizio
l’animo ascolta, la strofa è colta
di lingua seriosa:
tutti si è in posa.
Si dissolve nelle tenebre ventose
il sapore di una lacrima amara.
(testo di Giuseppe Conte)