Sant’Antonio Abate, in Cilento fra riti e tradizioni
Sant’Antonio Abate è tra le figure più amate nel Meridione d’Italia. In Cilento si pone al centro di una intensa devozione che si intreccia con i profondi significati di vecchie usanze popolari. Il 17 gennaio, infatti, data della ricorrenza, coincide anche con il primo giorno di carnevale secondo le consuetudini locali.
Sant’Antonio Abate
Vagò per il deserto per lunghi periodi guadagnandosi l’appellativo ‘d’Egitto’ – sua terra d’origine – ma anche ‘del Deserto’ e ‘l’Anacoreta’, nomi che si affiancano ai numerosi identificativi scaturiti nel tempo per le sue gesta. Popolarmente, al Sud è noto come ‘Sant’Antuono’ per distinguerlo dal Santo da Padova. Non a caso è detto ‘il Grande’ per l’infinità dei miracoli compiuti e narrati nella tradizione, e ‘del fuoco’ per il laborioso connubio che lo lega alle fiamme. Secondo la leggenda respinse le tentazioni demoniache assumendo a suo emblema proprio ‘il fuoco’. È perciò invocato contro i mali e in particolare per il ‘Fuoco di Sant’Antonio’. Alla sua protezione si affidano pure gli animali. Quest’ultimo patronato, tra l’altro, lo rende praticamente ‘il Santo del popolo’.
Una mappatura storico-religiosa dei luoghi nel Cilento
Considerati i cambiamenti sociali che hanno interessato il Cilento sotto l’assetto storico-religioso, è difficile in questo nuovo millennio tracciare un quadro esaustivo della devozione a Sant’Antonio Abate. La nomenclatura dei luoghi, per tanto, risulterà piuttosto scarna e superficiale. Del resto gli anni in cui la presenza di contadini e pastori garantiva il sostentamento della comunità sono ormai soltanto un ricordo nella maggior parte del territorio. Ad ogni modo vale la pena ricordare luoghi simbolo che in qualche modo rendono l’idea della grandezza del culto in passato. Facendo velocemente il periplo del Monte Stella risaltano almeno due località: Ortodonico e Camella. Qui la benevolenza verso il ‘Gran Santo’ è facilmente percettibile. Ortodonico, tra l’altro, l’ha elevato a proprio patrono. A Perito, fino agli anni ‘70 del secolo scorso, era presente la cappella di ‘Sant’Antonio cu lu purcieddo’. Fu demolita per consentire l’ampliamento viario. Vi è ora una maiolica sul sito.
Esempi di antiche architetture e di grande devozione
I convento di Sant’Antonio da Padova a Laurino fu edificato su un più antico complesso dedicato a Sant’Antonio Abate. Alla quasi estremità della provincia di Salerno si trova Vibonati. Il paese è dominato dal caratteristico santuario dedicato al patrono Sant’Antonio Abate.
Il 17 gennaio, aspetti religiosi e sociali
Sant’Antonio Abate è tra quelle figure cristiane che ha maggiormente caratterizzato la quotidianità del Cilento. Basti pensare la grande importanza che riveste nel calendario popolare. Anzitutto per la proverbialità. Un celebre detto recita Sant’Antonio cu la barba janga si nu chiove la neve nu manca. Ed è ben noto come i proverbi che fanno riferimento alle condizioni climatiche siano sempre stati presi in grande considerazione seppur non sempre custodi di estrema veridicità. Innescacno poi un meccanismo ancestrale che riveste ancora maggiore importanza. Un altro famoso detto dice sotto la neve pane, sotto l’acqua fame. Ed ecco che, a questo punto, in modo quasi forzoso, è inevitabile ‘affidarsi’ alla ‘barba di Sant’Antonio’ al fine di propiziarsi il raccolto e scongiurare carestie.
Sant’Antonio Abate, riti antichi nella modernità
La sera della vigilia è stata una tradizione molto diffusa quella dell’accensione della focara. Si tratta di un rituale antichissimo che sopravvive ormai solo nei luoghi in cui il culto è maggiormente significativo. Si tiene ancora a Torchiara dove la devozione è ben radicata al territorio tanto che la località di Sant’Antuono ne ha mutuato anche il nome. La benedizione dei pani, invece, sopravvive in modo più capillare, ma ancora una volta si tratta di un rituale che tende a confinarsi nella memoria. Molto più praticata rimane la sola usanza della benedizione degli animali, anche se ormai sono lontani i tempi in cui si radunavano nelle piazze tanti capi di bestiame. Ad ogni modo si tratta di una consuetudine che rivive anche grazie alla volontà di rivalorizzare le vecchie tradizioni, evitando la totale dispersione dei momenti che un tempo caratterizzavano fortemente la vita dei piccoli paesi.