Novi Velia, chiude la stagione dei pellegrinaggi al Sacro Monte: un cammino che dura da secoli…
L’ultima domenica di maggio la Madonna è restituita alla devozione popolare seguendo un caratteristico rituale che ‘svela’ quella secolare immagine tanto cara ai cilentani. Quando la primavera sta per finire, dunque, ha inizio la stagione dei pellegrinaggi che porta migliaia di fedeli su quella montagna sacra fin dai tempi più remoti, conservandone, per antonomasia, anche il nome. La seconda domenica di ottobre, invece, il rituale inverso porta alla chiusura del santuario che rimarrà avvolto fra i colori dell’autunno e la candida neve dell’inverno.
Novi Velia, il Santuario del ‘Sacro Monte’
Fra le terre dell’Antica Lucania si trova uno dei complessi mariani più alti e suggestivi d’Italia. Si tratta del santuario del ‘Sacro Monte’ posto sulla sommità del Monte Gelbison, così chiamato dai saraceni per identificare il ‘Monte dell’idolo’. Per tutta la stagione estiva le ‘compagnie’ capeggiate dalla ‘centa’ e affiancate dal suono di zampogne e ciaramelle, affrontano la scalata. I fedeli provengono non solo dal Cilento e dal resto della Campania, ma anche dalla Basilicata e dalla Calabria. Storicamente le vie d’accesso erano due. Chi proviene dalla parte meridionale s’incammina da Rofrano seguendo la via che si fa spazio tra le pianete di castagno. Sul versante opposto, invece, è ancora in gran parte riconoscibile e percorribile l’antico sentiero lastricato a tratti gradinato che, a volte ripidamente, conduce fino alla meta. La parte iniziale costeggia un fiumiciattolo dalle ‘fresche acque’ che, simpaticamente, viene chiamato ‘jumo friddo’.
Novi Velia, dal santuario uno sguardo che emoziona…
Poco oltre l’abitato di Novi Velia, che è l’ultimo paese che si incontra prima di far ingresso nel territorio del santuario, si trova un ponte che supera il torrente ‘Torna’ che è una sorta di porta d’accesso. La letteratura popolare recita arrivati a lu ponte re la Torna chi nun se fira se torna, indicando le fatiche da affrontare per giungere al santuario a piedi. Questi sforzi però vengono largamente compensati dall’incontro con la ‘Vergine Maria’ e dall’ampio panorama offerto allo sguardo che spazia, nelle giornate più limpide, dall’isola di Capri fino alla vulcanica Stromboli in Sicilia.
Un lungo cammino
Tracciando ancora il secolare cammino, ecco un cumulo di pietre, sormontato da una croce, dove convergono le due vie d’accesso: è l’ultima tappa prima di far ingresso nel perimetro del santuario: quei sassi ‘depositati’ nel tempo dai devoti simboleggiano l’affidamento alla Madonna; il tratto conclusivo guida fino al grande piazzale su cui si affaccia la chiesa. Prima di farvi ingresso, come da tradizione, si eseguono tre giri intorno alla cappella intonando il canto tradizionale. Sarà solo a quel punto che si varcheranno le soglie e lo sguardo di Maria penetrerà nei cuori. La Madonna, qui detta ‘bruna’ per il colorito della sua carnagione, emoziona l’animo trasmettendo con estrema serenità una sensazione di pace.
Il santuario, un complesso straordinario
Il complesso architettonico, altre alla chiesa principale, ingrandita agli inizi del XX secolo e che si presenta a tre navate divise da imponenti colonne in pietra, comprende la cappella di San Bartolomeo e il campanile. Questi ultimi sono a se stanti, mentre al corpo principale si legano le altre strutture che un tempo ospitavano i pellegrini. La storia che avvolge il santuario è intensa. Ne sarebbe conferma nel fatto che, come anticipato, già i Saraceni riconobbero la montagna come dimora di ‘un idolo’. Gli studi affrontati nel corso del tempo rivelano che sulla vetta del monte anticamente esisteva un luogo di culto pagano, successivamente cristianizzato e convertito alla memoria della Vergine Maria ad opera dei monaci Italo-Greci intorno al X secolo. I monaci provenienti dalle aree meridionali si erano spostati verso il Cilento e inconfutabile conferma sarebbe l’immagine stessa della Madonna che richiama chiaramente le caratteristiche dell’iconografia bizantina.
Un santuario tra Angeli e cavalieri
Una delle più popolari leggende che avvolge il santuario racconta di due cavalieri, uno cristiano e uno pagano, giunsero sulla montagna dinanzi alla chiesa. Uno dei fantini fece ingresso nel tempio, mentre l’altro rimase fuori non ritenendo la Madonna meritevole del suo rispetto. All’improvviso il suo cavallo s’imbizzarrì e intraprese una folle corsa. Quando fu in procinto di cadere dal dirupo l’uomo invocò la Madonna. Il cavallo cessò la sua marcia su una roccia chiamata oggi ‘ciampa di cavallo’. Per ringraziamento il cavaliere si convertì. Sono tante le storie che trasudano sulla montagna. Alcune hanno una genesi così antica che ormai sono difficili da raccontare, ma altre conservano ancora la loro spontanea genuinità. Si racconta, infatti, che a fondare il santuario siano stati alcuni pastori di Novi. A conclusione del racconto pare che una voce dall’alto disse loro Questo luogo è santo ed è stato consacrato dagli Angeli.
Domenica 11 ottobre 2020, la Santa Messa di chiusura sarà celebrata dal Vescovo alle ore 12:00.